È sempre complesso raccontare il proprio journey con l’Ayahuasca, è un po’ come raccontare cosa si prova a mettere al mondo un figlio: impossibile per chi non l’ha provato. Raccontare le visioni invece è più semplice, vediamo assieme quali tipologie si possono manifestare.
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Raccontare un’esperienza “tipo” quando si beve Ayahuasca è molto difficile. Il “processing”, cioè la parte che riguarda l’elaborazione psicologica, è molto soggettivo, personale e profondo. La parte visuale invece sembra godere di alcune proprietà universali nel senso che molte sono le immagini comuni che persone anche di diverse culture, etnie ed età possono sperimentare.
Benny Shanon, nel suo libro “The Antipodes of the Mind: Charting the Phenomenology of the Ayahuasca Experience” ha identificato 6 categorie strutturali:
- Visualizzazioni prive di contenuto semantico
- Elementi figurativi primitivi
- Immagini
- Scene
- Realtà virtuali
- Visioni di luce
Una cerimonia o workshop con l’Ayahuasca è generalmente vissuta da seduti o più frequentemente distesi con gli occhi chiusi oppure seduti/in piedi con gli occhi aperti sia in atteggiamento di meditazione che muovendosi o ballando a ritmo di musica. Non esiste un modo corretto di approcciare l’esperienza ed è comune, nelle diverse fasi, adottare posizioni e atteggiamenti diversi. In alcuni casi questi sono suggeriti dal contesto o dal dialogo interiore con l’Ayahuasca, se chi ne partecipa si pone con estrema fiducia ed apertura.
Le visioni nell’Ayahuasca infatti si possono presentare sia ad occhi chiusi, che ad occhi aperti. In qualche modo l’ordine con cui le diverse tipologie sono state categorizzate da Shanon rispecchia la progressione nel dialogo con la Liana dello Spirito, ma non è sempre il caso e non è infrequente avere un percorso visuale differente da quello presentato.
Visualizzazioni senza contenuto semantico
Appaiono durante la prima fase del viaggio, sono generalmente linee, scintille, o forme semplici non geometriche e dai bordi non definiti di colori brillanti e fluorescenti. Shanon li chiama “Splashes”. Queste manifestazioni luminose diventano via via più definite disegnando forme geometriche in movimento e iniziando a riempire tutto il campo visivo in uno spazio bidimensionale (come se fosse lo screensaver di un computer, per intenderci) o tridimensionale dove si presenta la percezione di una prospettiva e profondità di campo. È in questa fase che si collocano tutte le descrizioni di visioni frattali dove il movimento segue una simmetria bilaterale (destra-sinistra in movimento sincrono speculare).
Elementi figurativi primitivi
Dalla nebulosa degli Splashes o dal piano delle geometrie caleidoscopiche di cui sopra, possono emergere delle figure che rompono la simmetria e che contengono degli elementi illustrativi non geometrici ben identificabili: blob di colore in cui si identificano volti di persone, animali, e qualsiasi genere di creature meno familiari. Queste figure si possono presentare come parte centrale della visuale bidimensionale, oppure in tre dimensioni in primo piano, separate dallo sfondo. Restano tuttavia sempre incastonate nel contesto mancando quindi di “indipendenza” o di “permanenza” nel tempo (si trasformano in altre figure in modo veloce).
Immagini
Sono immagini tridimensionali che appaiono indipendenti dal contesto e che rimangono permanenti per un periodo più o meno lungo. Sono figure che si muovono e che possono anche trasformarsi. Un esempio riportato da Shanon è la visione della lingua ondulante di un serpente che si trasforma prima in una donna e poi in una fata danzante (con una nota bibliografica che riporta la stessa scena descritta in alcuni miti indigeni riferiti all’Ayahuasca).
Scene
Si presentano inizialmente come foto, generalmente raffiguranti viste di foreste e fiori, scene di animali, città antiche o futuristiche e ogni sorta di attività sociale dell’uomo. Alcune volte queste scene possono rappresentare eventi personali passati o immagini future. L’evoluzione delle scene arriva a coprire la totalità del campo visivo presentandosi come all’interno di un film dove la struttura narrativa può risultare anche molto complessa con parti in movimento e presenze di ogni sorta.
Realtà virtuali
Alcune volte una scena diventa talmente immersiva da includere l’osservatore. In questo caso non si tratta più di una visione che appare nel campo visivo ma ricopre l’intera esperienza della realtà che si sta vivendo. Ad occhi aperti si può sovrapporre agli elementi e persone presenti consentendo però, al tempo stesso, l’interazione con essi (in quanto vengono identificati come reali).
Visioni di luce
Tra le più potenti che si possano provare con l’Ayahuasca sono le visioni di luce. Delle molte descritte da Shanon sotto questa categoria, la più forte è l’esperienza del bianco più puro e brillante, impossibile da percepire ad occhi nudi nella realtà. Può presentarsi sia ad occhi aperti che chiusi e viene vissuta spesso come l’incontro con il divino.
Alla domanda che Shanon pone ad uno dei maestri dell’UDV (União do Vegetal) sul perché durante le visioni dell’Ayahuasca le persone vedano serpenti e felini la risposta che riceve è concisa: “È tutta immaginazione, il thè ci da solo la luce” (thé è il nome con cui i membri della UDV si riferiscono all’Ayahuasca).
Sembra che con l’esperienza la parte visiva dell’Ayahuasca venga meno per lasciare spazio ad “esperienze di luce”. Tuttavia non tutti sono d’accordo su questo punto.
Conclusioni
Nonostante tutte le informazioni a disposizione in letteratura sulle visioni a cui si partecipa bevendo Ayahuasca non è possibile raccontare una “esperienza tipo”. Ogni esperienza è infatti unica, come è unica la storia di chi ne partecipa.
Voglio rassicurarti però su un fatto: qualsiasi cosa tu veda, sappi che gli insegnamenti a cui potrai (o vorrai) attingere dialogando con l’Ayahuasca viaggiano su un canale parallelo.
Predisporsi al viaggio con fiducia e apertura è la base più importante per accogliere la conoscenza di questa pianta e, forse, arrivare a vedere la luce.
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